23 marzo 2023

KINSHASA, Repubblica Democratica del Congo — Nel momento dell’inaugurazione della Casa di culto bahá’í della Repubblica Democratica del Congo (RDC), l’architetto Heinrich Wolff di Wolff Architects – lo studio sudafricano che ha progettato il Tempio – riflette sul viaggio personale e trasformativo affrontato durante la lavorazione.

Questo progetto occupa un posto speciale nel cuore di Wolff, il quale spiega che grazie al rapporto sviluppatosi con il Tempio, è venuto a conoscenza dei concetti derivanti dagli insegnamenti bahá’í, con i quali è entrato in profonda sintonia e che sono stati fonte d’ispirazione fondamentale per il design del Tempio.

Heinrich e Ilze Wolff, soci di Wolff Architects

Lavorare in spirito di servizio

Il viaggio personale del signor Wolff durante l’avanzamento dei lavori di costruzione del Tempio è una straordinaria storia di resilienza e dedizione. Quando il progetto venne affidato alla sua azienda, il signor Wolff stava lottando contro il cancro. «Mi colpiva il senso di rassegnata disperazione che aveva sopraffatto quasi tutti coloro che mi gravitavano attorno, la sensazione di un’infelice ineluttabilità a permeare la mia vita.»

«Quando ci rendemmo conto che si sarebbe potuto aprire uno spiraglio nella mia vita, il progetto del Tempio è arrivato come un invito», ha dichiarato.

Wolff spiega di essere stato conquistato da un concetto riscontrato negli insegnamenti bahá’í, vale a dire che il lavoro svolto in spirito di servizio verso l’umanità equivale ad un atto di culto.

«L’idea che dedicare il lavoro della tua vita al prossimo possa essere paragonato al rapporto di un devoto con Dio è un’idea meravigliosa e un modo di vivere estremamente generoso».

E aggiunge: «Avevo la sensazione che sarebbe stato fantastico avere accanto delle persone che danno grande valore al concetto di dedicare il proprio lavoro agli altri, benché non ci sia mai dato di incontrare chi trarrà beneficio dai frutti del nostro lavoro. Ero disposto a dare a questo progetto tutto ciò che rimaneva della mia vita».

Poco prima dello scoppio della pandemia a livello mondiale, con il progredire del progetto, anche il trattamento terapeutico subito da Wolff ebbe buon esito. «Sono uscito dall’ospedale e improvvisamente il mondo si è spento e tutto è diventato estremamente strano.»

«Intendo dire che questo progetto si trova in uno spazio onirico, perché noi lavoravamo insieme in un ufficio», afferma, chiarendo che gran parte del processo di progettazione si è svolto in videoconferenza durante la sua convalescenza.

Si è poi così espresso: «È stato un piacere assoluto. Posso dirvi che non è stato un esaurimento né una fatica. È stato un vero piacere».

Al di là del suo viaggio personale, Wolff sottolinea l’importanza dell’impegno collettivo che ha permeato la progettazione e la costruzione del tempio. Ha altresì elogiato la dedizione del suo team in ufficio, delle squadre di operai, del team di gestione del progetto e della comunità della RDC: tutti hanno collaborato per garantire il successo del progetto.

Disegno in sezione (in alto) che mostra l’interno del Tempio e prospetto (in basso) dell’esterno del Tempio.

Un’impresa collettiva

Wolff spiega che gli elementi artistici e il design d’insieme della Casa di culto si basano sull’idea dell’unione tra le persone. Il rivestimento in piastrelle della cupola, ad esempio, trae ispirazione dal fiume Congo — i cui affluenti, da tutto il Paese, convogliano la pioggia in un unico grande fiume — e da questa citazione tratta dagli Scritti di ‘Abdu’l-Bahá:

“Quale benedizione sarà – quando tutti si ricongiungeranno, come torrenti, fiumi e ruscelli, rivoli scorrenti e piccole gocce, un tempo separati, che riuniti in un solo luogo formano un mare possente.”

Wolff ha posto l’accento sul fatto che «gli Scritti bahá’í descrivono il ricevere la grazia di Dio come una ‘pioggia copiosa’ che si riversa su tutti allo stesso modo».

«Nella RDC”, aggiunge, «la pioggia ha una forte connotazione distintiva e il design del tempio la riconosce, incorporando alcuni elementi che celebrano e accolgono la pioggia”, come i bordi a cascata della cupola e la pensilina protettiva sopra il percorso circumambulatorio. «Questo edificio abbraccia la pioggia della RDC».

Il tema della pioggia è meravigliosamente catturato in uno dei primi disegni concettuali, chiamato ‘pioggia copiosa’ da Wolff, raffigurante il Tempio durante un temporale mentre le persone si avvicinano all’ingresso sotto un acquazzone. La scena mostra l’edificio che sembra sciogliersi sotto la pioggia, mettendo in risalto il legame tra natura, spiritualità ed esperienza umana.

‘Pioggia copiosa’: un’opera d’arte che ha ispirato il design della Casa di culto bahá’í della RDC. 

Sotto la pioggia battente, il tempio rappresenta un asilo e una testimonianza dell’impegno collettivo e della dedizione che sono stati riversati nella sua realizzazione.

Lo stesso disegno concettuale è stato il risultato di un lavoro collettivo, sviluppato in maniera interattiva con il coinvolgimento delle comunità locali e la collaborazione tra il team di Wolff e un artista. «Abbiamo lavorato con un’artista di nome Maja Marx che ci ha aiutato a sviluppare questo disegno».

E aggiunge: «Abbiamo prodotto diverse versioni di questa grafica e l’abbiamo trasmessa ai membri della comunità bahá’í della RDC, che sono riusciti a indicarci quale ne fosse il significato per loro».

Grazie a questo criterio inclusivo, da più fonti sono pervenuti molteplici input. Wolff dice che la Casa di culto della RDC è “fondamentalmente un opera artistica congiunta di un folto gruppo di persone”.

Dettaglio del design della cupola del Tempio (in alto a sin.) oltre ad alcune ispirazioni di design tratte da strutture tradizionali e opere d’artigianato della RDC.

Questa collaborazione rispecchia la tradizione dell’arte collettiva che si ritrova nei prodotti tessili della RDC, dove uomini e donne lavorano insieme su un unico pezzo, concetto che è in piena sintonia con Wolff e il suo team. Questo spirito collaborativo è evidente nel rivestimento esterno del Tempio, costituito da circa 135.000 piastrelle collocate in modo da rievocare l’arte tessile della RDC.

Il lavoro di rivestimento, afferma Wolff, mette in risalto l’importanza della collaborazione in architettura. «I singoli architetti non dovrebbero mai essere al centro della storia dei loro edifici».

Aggiunge che consultazione e dialogo sono stati essenziali per il progetto. “Le decisioni prese collettivamente contengono una saggezza collettiva”.

Riunione tenutasi presso lo Studio Wolff Architects di Città del Capo, in Sud Africa, a cui hanno partecipato, oltre ai collaboratori dello Studio, i componenti del team di gestione del progetto e un rappresentante del Centro Mondiale Bahá’í.

Un momento speciale nel tempo

Wolff ha descritto il profondo impatto che il processo di progettazione e costruzione ha avuto su tutti i soggetti impegnati nel progetto, affermando che “la costruzione di questo edificio rappresenta nel tempo un momento speciale di unione delle persone”.

L’impatto sulle persone coinvolte può essere attribuito ai principi fondamentali delle Case di culto bahá’í, tra cui l’unità del genere umano.

Wolff precisa altresì che i disegni dei Templi bahá’í, a differenza di altri edifici, non elevano alcun individuo o gruppo al di sopra degli altri. Al contrario, mettono in primo piano l’uguaglianza e sono costruiti per tutti, creando uno spazio per l’unità e la riflessione spirituale.

«La gerarchia è fondamentale per molti edifici», afferma Wolff. «Il primato dell’individuo è ricorrente nell’espressione architettonica: è raro trovare edifici al cui centro vi sia il concetto di uguaglianza».

Il Tempio, dice Wolff, incarna i principi bahá’í di unità, uguaglianza e processo decisionale collettivo, abbracciando al contempo gli elementi naturali e la cultura della RDC. Il Tempio si erge non solo come spazio per la contemplazione e la spiritualità, ma anche come simbolo della dedizione, dell’impegno e dell’esperienza condivisa di tutti coloro che sono coinvolti nella sua realizzazione.

 Rendering del terreno su cui sorge il tempio in mezzo al paesaggio urbano.

Wolff spiega che il processo di costruzione del Tempio è stata un’esperienza unica e condivisa per tutte le persone coinvolte, rendendolo “un momento nella storia umana”.

Ha aggiunto che il tempo trascorso durante la progettazione rappresenta un momento indimenticabile della sua vita. «Oggi, il fatto di essere completamente guarito dal cancro e di poter vedere il Tempio realizzato è un’assoluta gioia della mia vita, sono al settimo cielo!»

All’inaugurazione del Tempio, sabato 25 marzo, sono state invitate persone di ogni provenienza ed estrazione a ritrovarsi in unità e per celebrare la loro umanità condivisa.

Alcuni membri del team dello Studio Wolff Architects (da sinistra a destra, dall’alto verso il basso): Nokubekezela Mchunu, Alexandra Böhmer, Bayo Windapo, Takalani Mbadi, Paul Munting, Temba Jauch, Matthew Eberhard, Alex Coetzee e Coco Heller (non nella foto).