27 agosto 2021

La Bahá’í International Community (BIC) ha riunito recentemente un gruppo di giornalisti con lo scopo di analizzare in che modo il lavoro di organi d’informazione ed operatori del settore dei media possa sfociare in conseguenze costruttive oppure creare divisioni, e di prendere in esame il ruolo che i media sono in grado di rivestire con il proprio contributo al progresso della società. 

Il moderatore dell’evento, Saleem Vaillancourt, ha affermato, in uno degli interventi d’apertura: “Le storie che raccontiamo danno forma al mondo in cui viviamo.”

“I media possono contribuire a generare consenso, costruire unità, creare conoscenza e intese condivise, aiutando in questo modo la gente a trovare soluzioni definitive ed efficaci ai problemi che hanno di fronte.”  

Il signor Vaillancourt ha citato un passo tratto dagli Scritti bahá’í sulla funzione dei media nel progresso della civiltà: “Le pagine dei giornali che rapidamente si susseguono… riflettono fatti e occupazioni dei vari popoli e tribù. … [Sono] specchi dotati di udito, vista e loquela. È questo un fenomeno possente e meraviglioso. È necessario, però, che coloro che vi scrivono siano purificati da suggerimenti di insane passioni e turpi desideri e si ammantino con veste di giustizia ed equità.” 

Quattro dei partecipanti al dibattito, intitolato “I media, la narrazione, la gente e i suoi leader”, organizzato dalla BIC. In senso orario: Saleem Vaillancourt, rappresentante della BIC; Temily Tianmay, docente e giornalista malese; Nwandi Lawson, ex- giornalista della CNN e Amanda Ripley reporter investigativa della rivista The Atlantic.

I partecipanti hanno preso in esame questi concetti sulla base di diversi contesti sociali. Amanda Ripley, reporter investigativa per la rivista The Atlantic, ha illustrato in che modo quel giornalismo che mette in risalto l’impegno profuso dalle comunità per superare le sfide possa “aiutare la gente a trovare, visualizzare e immaginare un’altra maniera per interagire.

“Quando la gente sente che non c’è speranza, tende ad arrendersi o a diventare cinica… Se fai del buon giornalismo che parli dei tentativi fatti per arrivare alla soluzione dei problemi, la gente si sente maggiormente coinvolta rispetto a un giornalismo fine a sè stesso,” ha soggiunto, riferendosi a quelle forme di giornalismo che trattano i problemi senza prendere in esame le possibili soluzioni.

“Non è indispensabile che la soluzione proposta nell’articolo funzioni,” prosegue ancora la signora Ripley “Ma solo che la comunità, che cerca di risolvere il proprio problema, dimostri di agire. E ciò riguarda persone di ogni estrazione, etnìa o caratteristica demografica.”

L’attenzione con la quale la gente viene osservata e descritta negli articoli è stata analizzata da Temily Tianmay, docente e giornalista malese, la quale ha sostenuto che l’evoluzione dei media sta nella capacità di giornalisti e organi d’informazione di promuovere la dignità umana.

Foto scattata prima dell’attuale crisi sanitaria. Il dibattito organizzato dall’Ufficio Relazioni esterne bahá’í australiano verteva sul modo in cui i media possono contribuire a una maggiore coesione sociale.

“La lente della dignità umana ci consente di creare unità in forme nuove,” ha anche affermato. “Se consideriamo ogni singola persona come un essere che ha dignità ed è fonte di capacità intuitive — come ci comporteremo, non solo con le nostre fonti, ma anche con altri giornalisti, che potrebbero avere un orientamento molto diverso dal nostro?”

Durante l’incontro, è stato anche discusso il ruolo dei giornalisti quali protagonisti nell’opera di miglioramento della società, e il loro grado di coinvolgimento e di impegno nelle comunità di cui si parla nei loro resoconti.

Nwandi Lawson, ex giornalista della CNN, ha dichiarato: “Dobbiamo riconoscere che [i giornalisti] sono attori sociali. Noi siamo parte della nostra società. Abbiamo l’obbligo di cercare la verità.”

Il dibattito, intitolato “I media, la narrazione, la gente e i suoi leader,” è stato organizzato dalla BIC alla luce del crescente interesse nell’incentivare le motivazioni tese a un sostanziale cambiamento sociale — tema, questo, di approfondimenti promossi anche dagli Uffici Relazioni esterne bahá’í di diversi Paesi in tutto il mondo.

Foto scattata prima dell’attuale crisi sanitaria. 
In Giordania, l’Ufficio Relazioni esterne bahá’í ha discusso sul ruolo dei giornalisti nel promuovere la giustizia.

L’Ufficio Relazioni esterne bahá’í degli Stati Uniti si è reso promotore di una serie di dibattiti sull’aiuto che i media possono offrire alla società, perché sia in grado di superare la polarizzazione dei problemi che la affliggono. In India e nel Regno Unito, gli Uffici hanno sollecitato il confronto sulla capacità dei media di far luce sul potere della religione nel contribuire al progresso sociale e, al contempo, di riferire in modo costruttivo sulla possibilità che la religione stessa divenga più incisiva nel realizzare i suoi fini più elevati. In Giordania, l’Ufficio Relazioni esterne bahá’í ha analizzato il ruolo dei giornalisti nel promuovere la giustizia, mentre in Australia il dibattito verteva sul modo in cui i media possono contribuire a una maggiore coesione sociale.