BIC GINEVRA, 23 marzo 2020 – Una corte d’appello a Sana’a, Yemen, ha deciso domenica di confermare la condanna a morte per motivi religiosi contro Hamed bin Haydara, un baha’i che si trova in carcere dal 2013.
Il signor Haydara è stato condannato alla pubblica esecuzione capitale nel gennaio 2018 dopo di un processo farsa durato quattro anni. La sentenza chiedeva anche la confisca dei suoi beni e lo scioglimento delle istituzioni baha’i. Il ricorso in appello è stato discusso durante diciotto udienze. Infine l’ultima udienza, prevista per il 31 marzo, è stata bruscamente riprogrammata per domenica scorsa.
La Baha’i International Community ha condannato con la massima fermezza la condanna a morte del signor Haydara. «In un momento in cui la comunità internazionale sta lottando contro una crisi sanitaria mondiale, è incomprensibile che le autorità di Sana’a, invece di concentrarsi sulla protezione della popolazione, compresi i baha’i, abbiano confermato una condanna a morte contro un innocente solo a causa delle sue convinzioni religiose», afferma Diane Ala’i, rappresentante della Baha’i International Community presso le Nazioni Unite a Ginevra.
Il signor Haydara è stato arrestato arbitrariamente nel dicembre 2013 e poi gli è stato negato un giusto processo. Trattenuto in carcere per 14 mesi senza che gli fosse mossa alcuna accusa, gli è stato poi impedito di partecipare all’udienza del tribunale quando la sua sentenza è stata emessa.
Ha inoltre subito torture, percosse, elettrocuzioni e gravi violenze psicologiche. Tra i gravi maltrattamenti che gli sono stati inflitti, gli sono state negate le cure mediche, è stato costretto a firmare alcuni documenti mentre era bendato e gli è stato impedito di ricevere visite, perfino dalla moglie e dalle figlie.
«La Baha’i International Community è profondamente costernata da questo verdetto oltraggioso e invita il tribunale e le autorità Houthi ad agire immediatamente per annullare questa sentenza ingiusta», afferma la signora Ala’i.
Il signor Haydara è uno dei sei baha’i attualmente in carcere a Sana’a a causa delle loro credenze