ROMA – Come i media possono contribuire a costruire narrazioni riconcilianti che mettano al centro il desiderio di ogni individuo di contribuire al benessere del Paese? È stata questa una delle domande al centro del corso per giornalisti Media e coesione sociale: idee di identità collettiva, dalla Costituzione ad oggi, svoltosi mercoledì 29 marzo a Roma nella sala della Chiesa Metodista. La tavola rotonda, che offriva l’opportunità a giornalisti professionisti e pubblicisti di ricevere crediti formativi, è stata promossa e moderata dall’ufficio delle pubbliche relazioni della comunità bahá’í d’Italia, in collaborazione con la rivista e centro studi Confronti e il collettivo di giornalisti Articolo 21.
Al corso – a cui hanno partecipato circa 60 giornalisti – sono intervenuti come relatori e relatrici Elisa Marincola (giornalista di Report e portavoce di Articolo 21), Enzo Nucci (Inviato speciale esteri Tg3, già corrispondente Rai dall’Africa), Maria Paola Nanni (Centro studi e ricerche IDOS) e Paola Barretta (Carta di Roma e Osservatorio Pavia). I relatori hanno arricchito la conversazione grazie alle diverse esperienze professionali nell’ambito dei media.
«È importante avviare un dialogo e una riflessione con chi fa l’opinione pubblica»
«I media sono un elemento vitale della società. Un’espressione nobile della volontà degli essere umani di restituire narrazioni che mettano al centro il desiderio di ogni individuo di contribuire al benessere del Paese», ha osservato un membro dell’ufficio delle pubbliche relazioni della comunità bahá’í condividendo perché una comunità religiosa sia interessata a promuovere una conversazione corale e di riflessione sul mondo dei media. «È importante avviare un dialogo e una riflessione con chi fa l’opinione pubblica», ha evidenziato Claudio Paravati, direttore della rivista Confronti, all’inizio dell’incontro. Alla luce di questi spunti i relatori si sono interrogati su come continuare una riflessione su valori sociali condivisi a 75 anni dall’esperienza della scrittura della Carta Costituzionale.
Soprattutto a seguito della pandemia, nel Paese sono emerse con sempre più forza le sfide che affrontano i giornalisti nel lavorare in un sistema caratterizzato da un ciclo di notizie molto veloce e dove lo spazio per l’indagine della verità è sempre più ridotto. Riflettendo su questa sfida, alcuni dei relatori hanno condiviso come l’informazione abbia bisogno di una lettura della realtà sempre più approfondita. Guardando al ruolo delle parole, i relatori hanno riflettuto su come esse possano essere pietre per innalzare muri, ma se accompagnate da una attenta ricerca della verità, da numeri, indagini e parole ponderate, possano invece diventare strumenti per costruire ponti.
«com’è che ci possiamo chiedere se abbiamo pensieri nobili verso ogni persona che è vicina a noi»
Per questo, ha concluso un membro dell’ufficio pubblico relazioni, «è necessario riconoscere che realtà è anche sinonimo di verità. E l’indagine della realtà richiede una partecipazione universale alla ricerca della verità». Guardando in tal senso alle grandi trasformazioni sociali in atto nella società italiana, anche a seguito del movimento di popolazioni, Maria Paola Nanni, ricercatrice IDOS, ha condiviso come sia sempre più necessario, e indispensabile, riconoscere come anche i giornalisti con un background migratorio, la loro professionalità e «le loro competenze possano permetterci di scardinare pregiudizi e arricchire la narrazione» e la comprensione dei profondi processi di trasformazione che attraversano l’Italia.
«La coesione sociale – ha invece affermato Elisa Marincola, giornalista di Report e portavoce di Articolo 21 – non può essere costruita a tavolino e ragionata da pochi, bisogna creare delle basi concrete perché ci possa essere la partecipazione corale alla costruzione della nostra società».
«È evidente che l’ampio consenso sociale su alcuni valori fondamentali come la necessità di riconoscere la pluralità del contributo e della diversità culturale e sociale del Paese e la conseguente necessità di abolire pregiudizi che questo processo richiede, costituiscono dei punti di riferimento comuni per un numero crescente di giornalisti», ha dichiarato un membro dell’Ufficio pubbliche relazioni della comunità bahá’í. «Sostenendo questi valori nella loro copertura delle notizie i giornalisti contribuiscono a processi che rafforzano il consenso collettivo, ripristinano la giustizia e promuovono la coesione sociale».
La coesione sociale è un tema a cui la Comunità bahá’í italiana sta cercando di contribuire da alcuni anni prestando attenzione con particolare intensità, sia nel suo contributo a livello locale nel creare comunità inclusive, unite e resilienti in quartieri e città nel territorio, sia a livello delle conversazioni con le istituzioni e entità sociali nel Paese. Nelle continue conversazioni che la comunità bahá’í ha instaurato con i professionisti dei media «abbiamo potuto notare la sincerità d’intenti dei giornalisti, un segmento molto sensibile della società che aiutano cittadini, istituzioni e comunità a guardare alla realtà, potenzialmente superando la sfiducia e incanalando azioni e propositi comuni» ha concluso l’Ufficio pubbliche relazioni.