11 dicembre 2022

Nel bel mezzo di una serie di azioni sempre più violente e repressive contro i propri cittadini, le autorità iraniane hanno emesso per la seconda volta un’atroce condanna a 10 anni di carcere nei confronti di due donne bahá’í, Mahvash Sabet e Fariba Kamalabadi che, dopo aver già trascorso 10 anni in prigione, in Iran sono considerate simboli di resilienza.

Le due bahá’í iraniane sono state arrestate per la seconda volta il 31 luglio scorso, all’inizio di un’ennesima repressione contro i bahá’í iraniani.

Le due donne bahá’í iraniane, Mahvash Sabet (a sinistra) e Fariba Kamalabadi (a destra) sono state arrestate per la seconda volta, il 31 luglio scorso, all’inizio di una nuova repressione contro i bahá’í iraniani.

Dopo l’arresto di Mahvash e Fariba, oltre 320 sono i bahá’í colpiti a livello personale da atti di persecuzione. Decine di persone sono state arrestate in varie parti del Paese: a Shiraz, in tutta la provincia del Mazandaran e altrove. Nel villaggio di Roshankouh sono state demolite alcune case di proprietà dei bahá’í. Per di più, sono stati smascherati numerosi piani del governo di infangare i bahá’í con discorsi propagandistici e di incitamento all’odio. Infine, almeno 90 sono i bahá’í attualmente detenuti o sottoposti a un degradante monitoraggio tramite braccialetti elettronici apposti alle caviglie.

L’ultima pena detentiva è stata emessa il 21 novembre, dopo un processo durato un’ora, un’ora che ha visto prevalentemente il giudice intento a insultare ed umiliare gli imputati. Il processo ha avuto luogo dopo quasi quattro mesi dall’arresto. Il giudice Iman Afshari, che presiede la sezione 26 della Corte rivoluzionaria a Teheran, ha redarguito le due donne per “non aver imparato la lezione” della loro precedente reclusione.

La dottoressa Shirin Ebadi, premio Nobel e avvocato difensore di Mahvash e Fariba durante il loro primo processo, affermò nel 2008 che non era stato fornito “nemmeno uno straccio di prova” a dimostrazione delle accuse di attentato alla sicurezza nazionale o di altre imputazioni. Tantomeno in quest’ultimo processo sono state prodotte nuove prove.

«È estremamente angosciante apprendere che queste due donne bahá’í, che già hanno ingiustamente perso dieci anni della loro vita in carcere a causa del loro credo, vengano nuovamente sbattute in prigione per altri 10 anni con le stesse ridicole accuse», ha dichiarato Simin Fahandej, rappresentante della Bahá’í International Community presso le Nazioni Unite. “Mahvash e Fariba sono mogli, madri e nonne le cui famiglie sono già state costrette a sopportarne la mancanza per 10 terribili anni. Anziché esprimere a queste famiglie il proprio rammarico per l’ingiusta detenzione inflitta loro, il governo iraniano sta incredibilmente e inspiegabilmente ripetendo per la seconda volta la stessa efferatezza. Questa sentenza ridicola ed emessa senza alcun fondamento è un’assoluta presa in giro del sistema giudiziario iraniano, all’interno del quale i giudici presiedono come pubblico ministero, giudice e giuria tutto in uno. Non ci sono parole per descrivere un’ingiustizia tanto assurda e crudele”.

I sostenitori delle due donne le hanno definite simboli di resilienza, confidenti di altre persone oppresse e rinchiuse in carcere e madri di tutte le donne iraniane.

Mahvash Sabet è salita alla ribalta internazionale dopo la pubblicazione in inglese di un volume di poesie scritto in prigione e intitolato Prison Poems (Poesie dalla prigione n.d.t.). Nel 2017 Mahvash ha ottenuto il riconoscimento della PEN International come International Writer of Courage (Scrittore internazionale di coraggio n.d.t.).

Contemporaneamente alla prima prigionia di Mahvash e Fariba, finirono in reclusione molte altre donne iraniane di spicco. Faezeh Hashemi, figlia dell’ex presidente iraniano Akbar Hashemi Rafsanjani, che è tornata in prigione per aver sostenuto le richieste delle donne iraniane, è finita in prima pagina dopo aver incontrato Fariba durante i permessi e dopo il suo rilascio. E la giornalista iraniana-americana Roxana Saberi, compagna di cella di Mahvash e Fariba, ha dichiarato che entrambe le bahá’í sono diventate fonti di conforto e di speranza per le loro compagne di detenzione.

“Mentre sulla copertina del Time Magazine le donne iraniane vengono definite ‘eroine dell’anno’, la comunità internazionale ha giustamente riconosciuto il coraggio e l’eroismo di tutti gli iraniani, in particolare delle donne che si ergono con risoluto spirito di sacrificio per chiedere giustizia e uguaglianza di fronte alla violenta e brutale repressione dei loro diritti”, ha soggiunto la signora Fahandej. “Mahvash e Fariba sono due di queste donne, che per molti anni hanno sostenuto e promosso l’uguaglianza tra donne e uomini, hanno invocato giustizia e verità e che, conseguentemente, hanno già pagato un prezzo pesante per aver sostenuto questi principi. Stiamo tutti dalla loro parte adesso e dalla parte di tutte le donne iraniane, per dire al governo dell’Iran che deve revocare questa sentenza, liberare Mahvash e Fariba e tutti gli altri prigionieri di coscienza e smantellare ogni pezzo della macchina repressiva che viola sistematicamente i diritti umani della sua gente”.

Background

Mahvash, 69 anni, e Fariba, 60 anni, sono state arrestate per la prima volta nel 2008 in quanto membri di un gruppo informale che si occupava dei bisogni pastorali fondamentali della comunità bahá’í e della cui esistenza il governo iraniano era pienamente consapevole. Tutti i membri di questo gruppo, cinque uomini e due donne, sono stati condannati a 10 anni di carcere per il loro credo. Mahvash, Fariba e gli altri avevano finalmente ottenuto la libertà nel 2018.