COLLEGE PARK, MARYLAND, Stati Uniti, 26 maggio 2020 – L’attuale crisi sanitaria globale e le sue conseguenze sono state un’occasione per parlare delle future sfide ambientali. Una recente conferenza online tenuta dalla Cattedra baha’i per la pace mondiale dell’Università del Maryland ha offerto ai partecipanti un forum per esaminare queste sfide in un momento di maggiore consapevolezza dell’unità del genere umano e del suo rapporto con la natura.

«L’attuale crisi sanitaria globale… dimostra che, quando esiste un problema che riguarda tutti, le persone, le comunità, le istituzioni e i governi devono affrontarlo tutti assieme», ha detto Hoda Mahmoudi, titolare della Cattedra baha’i per la pace mondiale, nel suo discorso di apertura della conferenza. «[Questa] crisi richiede un’azione apartitica e unitaria che si basi su prove scientifiche e su considerazioni etiche. Richiede coraggio morale. Lo stesso vale per il cambiamento climatico».

La pandemia evidenzia la necessità di affrontare le dimensioni morali del cambiamento climatico, dicono gli studiosi

Richard Houghton, scienziato anziano presso il Woods Hole Research Center del Massachusetts, ha parlato della diminuzione delle emissioni globali, evidenziando la tragicità delle circostanze.

«Le persone stanno diventando, per necessità, più ingegnose e più conservatrici rispetto alle risorse. Questo dovrebbe aiutarci a capire che cosa è veramente utile… Spero che questo periodo educativo ci induca a prendere maggiormente sul serio il cambiamento climatico. Quello che stiamo facendo per combattere il virus lo possiamo fare anche per il clima».

Pianificata qualche mese fa come incontro virtuale per diminuire le emissioni prodotte dai viaggi aerei, la conferenza ha avuto luogo malgrado la crisi sanitaria. Vi hanno partecipato ricercatori provenienti dall’Australia, dalla Cambogia, dalle Hawaii e dagli Stati Uniti. Essi hanno offerto prospettive da varie discipline accademiche.

Kyle Whyte, professore di filosofia presso la Michigan State University, ha fatto notare che le politiche relative all’introduzione di nuove tecnologie energetiche devono considerare attentamente le questioni riguardanti la giustizia e l’equità, in particolare in relazione alle popolazioni indigene e ai gruppi vulnerabili. Ha avvertito che «una transizione energetica che molte persone credono essere una cosa intrinsecamente buona» potrebbe essere considerata tra 50 anni come responsabile del dislocamento di intere popolazioni.

Lui e Melissa Nursey-Bray, responsabile ad interim delle scienze sociali presso l’Università di Adelaide, Australia, hanno entrambi affermato che è necessario fare partecipare le comunità locali ai processi decisionali che li riguardano. La dottoressa Nursey-Bray ha detto che “mentre ci muoviamo verso il futuro e una soluzione globale, dobbiamo effettivamente cercare risposte locali basate sul luogo».

Riflettendo sulla conferenza, la dottoressa Mahmoudi afferma che molti presupposti sull’economia, sul consumismo, sulla salute e sul benessere, che hanno tutti importantissimi risvolti sociali e ambientali, sono ora messi in discussione:

«L’origine delle crisi ambientali, economiche e sociali che tutti i popoli affrontano oggi è una crisi spirituale. Questi importanti problemi non possono essere risolti se i popoli del mondo non si mettono d’accordo sulla nostra identità di esseri umani: qual è la nostra responsabilità morale gli uni verso gli altri e come amministratori del pianeta? Attorno a quali principi possiamo unirci? Quindi, quando parliamo dell’unità del genere umano, non si tratta solo di fratellanza e gentilezza, ma di un invito a costruire un mondo diverso impostando in un modo completamente nuovo la risoluzione di problemi che, come questo virus ha dimostrato, sono strettamente interconnessi. Dopo questa crisi, potremmo avere l’opportunità di orientarci in questa direzione».

Tutte le presentazioni fatte alla conferenza possono essere visualizzate online.