Una serie di seminari nell’ultimo anno ha esaminato l’importante ruolo della religione nel processo di immigrazione e insediamento in Canada.

TORONTO, 23 febbraio 2020, (BWNS) – La venuta di nuovi arrivati da tutte le parti del mondo è un aspetto centrale della vita del Canada sin dalla sua fondazione a metà del XIX secolo. Le radici della comunità bahá’í canadese risalgono a quel periodo ed essa riflette la diversità culturale ed etnica del Paese. Da molto tempo essa sta affrontando la questione del ruolo della religione nella costruzione di una società pacifica e coesa, che è stata un importante tema di discussione in una serie di seminari che la comunità ha curato nell’ultimo anno in collaborazione con la Munk School of Global Affairs dell’Università di Toronto.

Da molto tempo la comunità bahá’í canadese sta affrontando il tema del ruolo della religione nella costruzione di una società pacifica e coesa all’interno della popolazione diversificata del Paese. Da un anno questo è divenuto un importante tema di discussione in una serie di seminari organizzati in collaborazione con la Munk School of Global Affairs dell’Università di Toronto.

«La società canadese si è alquanto laicizzata», afferma Geoffrey Cameron, direttore degli affari pubblici per la comunità bahá’í del Canada, «di conseguenza, abbiamo nel nostro discorso pubblico abbiamo disimparato a parlare apertamente del ruolo e del contributo della religione alla società. Molti nuovi arrivati in Canada provengono da società nelle quali la religione esercita una forte influenza sociale e questo contrasto può contribuire a creare tensioni. Questi seminari hanno dimostrato che è possibile conversare molto più apertamente e con cognizione di causa sui modi in cui la religione può essere utilizzata come risorsa per generare una comprensione condivisa e promuovere valori comuni nel perseguimento di una società più unificata e coesa».

Da marzo 2019 a febbraio 2020 hanno avuto luogo quattro seminari. Il primo incontro ha esaminato alcune delle sfide che i nuovi arrivati devono affrontare, come l’intolleranza religiosa e la mancanza di comprensione della loro fede. Gli ultimi tre hanno esaminato una serie di questioni, come il modo in cui la religione può promuovere la cooperazione sociale oppure a volte rafforzare le divisioni tra “noi” e “loro”, il modo in cui essa può favorire la partecipazione dei nuovi arrivati alla vita della società, nonché le sfide relative all’integrazione in una società secolare di nuovi arrivati provenienti da vari ambienti religiosi. Circa cento persone, tra cui accademici, organizzazioni della società civile e rappresentanti delle comunità religiose, hanno partecipato alle discussioni che si sono svolte durante i quattro seminari.

«L’assunto che la fede sia un fatto privato», ha detto Shari Goldberg, direttrice di Shema and Iqra’: The Jewish-Muslim Text Project, «e la necessità che essa sia separata dalla sfera pubblica consente un’esclusione ritualistica della religione dalla conversazione nazionale». Ha spiegato che questa esclusione può favorire l’emarginazione dei nuovi arrivati.

Nell’ultimo seminario, i partecipanti hanno sottolineato l’importante ruolo che i giovani delle famiglie appena arrivate svolgono nel promuovere la dimensione spirituale della vita umana nella sfera pubblica.

Nuzhat Jafri, direttrice esecutiva del Consiglio canadese delle donne musulmane, ha detto che i giovani possono lavorare per correlare i principi e i valori della loro religione e servirsene per favorire il processo di integrazione e per dare un contribuito significativo alla società canadese.

«I giovani sono l’avanguardia della famiglia», ha detto Esther Maloney, direttrice dell’Illumine Media Project, «ponti tra la famiglia e la comunità». Tuttavia, ha aggiunto che i giovani possono sentirsi scoraggiati quando le descrizioni dei media diano loro la sensazione che la sfera pubblica non gradisca le loro aspirazioni spirituali, i loro valori e il loro sapere. «Le arti», ha suggerito, «danno l’opportunità di esplorare le questioni dell’identità e dello scopo assieme a una serie di altri temi vitali in un contesto comunitario… nel quale i temi religiosi e secolari possano essere seriamente presi in esame».

«Nello sviluppo dei contenuti seguiamo un metodo speciale», ha continuato, «che si basa sui principi della Fede bahá’í… I nostri contenuti raccontano storie di giovani diversi e delle loro famiglie in circostanze ordinarie che si considerano partecipanti attivi allo sviluppo della propria vita e di quella delle loro comunità».

Nel contesto della conversazione pubblica sull’integrazione dei nuovi arrivati nella società canadese, spiega il dottor Cameron, è utile considerare il concetto bahá’í di unità. «C’è la tendenza a ridurre la conversazione sull’integrazione a un “noi e loro” quando in realtà dobbiamo partire dalla posizione che facciamo parte della stessa famiglia umana», dice. «Questo ci impone di partecipare a un processo di reciproco apprendimento e adattamento».

«L’unità nella diversità», continua, «è un principio essenziale del progresso sociale, che si rispecchia nei valori e nelle attività della comunità bahá’í del Canada».