4 dicembre 2024
AGUA AZUL, Colombia — Sullo scia della conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità (COP16) tenutasi a Cali in Colombia, partecipanti provenienti da tutto il mondo hanno riscontrato che i principi spirituali possono guidare il discorso sull’ambiente e hanno avuto modo di constatare il risultato di un progetto molto singolare: una foresta nativa adiacente alla Casa locale di culto bahá’í nella regione di Norte del Cauca.
«Questo progetto riflette il principio bahá’í secondo il quale l’umanità ha il sacro dovere di custodire il mondo naturale», ha detto Ximena Osorio, membro dell’Ufficio bahá’í per le Relazioni pubbliche della Colombia, in un’intervista al News Service.
«Quando ci prendiamo cura della natura con amore e saggezza», ha continuato, «non solo proteggiamo la biodiversità, ma favoriamo anche la nostra crescita e il nostro sviluppo spirituale collettivo».
Cosa significhi il principio dell’armonia tra umanità e natura è apparso chiaro durante la visita di un giorno al sito, che comprendeva un incontro devozionale interreligioso con letture tratte dalle tradizioni buddista, cristiana, ebraica, musulmana, zoroastriana e dagli Scritti bahá’í.
Il progetto è nato in risposta ai pressanti problemi ambientali sorti nella regione di Norte del Cauca, dove la proliferazione di piantagioni di canna da zucchero avvenuta nel territorio negli ultimi decenni ha fortemente influenzato le fattorie tradizionali, costretto i residenti ad affittare i terreni agli zuccherifici e ridotto la biodiversità dell’ecosistema nativo.
Nel 2012, in seguito al primo annuncio della progettazione della Casa di culto, tra la popolazione locale si cominciò a parlare anche del rilancio dell’habitat naturale.
Grazie a una serie di consultazioni, i residenti giunsero a concepire la potenzialità del sito del tempio nel riflettere la biodiversità della regione e diedero vita al proposito di far crescere una foresta nativa sul terreno circostante.
«Anziché considerare l’area del tempio come a sé stante», ha detto la signora Osorio, «i partecipanti alle consultazioni previdero l’utilità di quel terreno per il ripristino ecologico, e la contemporanea fornitura di opportunità di servizio e di educazione».
Questa visione si concretizzò in quello che sarebbe diventato il progetto della foresta nativa. La sua coordinatrice, Taraneh Rezvani, ha spiegato che «il progetto mira a fornire uno spazio per l’educazione ambientale e a promuovere la riflessione sull’importanza di preservare l’ambiente e il nostro legame con la natura».
L’opera si estende su una superficie di 11,5 ettari ed è improntata al recupero della foresta tropicale secca, uno degli ecosistemi più minacciati a livello globale, che in Colombia si è ridotto a un misero 8% della sua dimensione originale.
Ciò che distingue quest’opera è il modo in cui esprime la relazione essenziale tra culto e servizio rappresentata dalle Case di culto bahá’í. Le Case di culto sono aperte a tutti ed offrono uno spazio in cui la preghiera e la contemplazione ispirano il servizio alla società.
La foresta nativa circostante rappresenta l’armonia di culto e servizio attraverso opportunità di servizio pratico verso l’ambiente e la comunità.
La signora Osorio ha spiegato che il progetto è guidato dal principio bahá’í secondo il quale la scienza e la religione sono sistemi complementari di conoscenza e pratica. E ha poi precisato che «nei criteri di ripristino, il progetto si riallaccia sia alla tradizionale saggezza ecologica sia alla moderna scienza della conservazione».
Fin da principio, il progetto si è basato sia sulle pratiche tradizionali sia sulla partecipazione della comunità. Avvalendosi delle “mingas” – pratiche tradizionali in cui le persone si riuniscono per un servizio collettivo – i residenti hanno piantato oltre 1.500 alberi, mille dei quali, in rappresentanza di più di 180 specie di alberi da frutto e da legname, sono stati donati da famiglie locali e istituzioni regionali,
«La foresta nativa offre uno spazio unico dove si può sperimentare il profondo significato spirituale del nostro rapporto con la natura», ha osservato uno dei visitatori. Questa prospettiva ha colpito molti dei partecipanti alla conferenza, provenienti da diverse tradizioni religiose, che si erano ritrovati sul terreno del Tempio.
Da quando il progetto ha avuto inizio, nel corso degli anni il suo impatto sulla biodiversità è diventato sempre più evidente.
«Nell’area della foresta nativa sono state identificate cinquanta specie di uccelli», ha riferito la signora Rezvani. «Molte di queste specie erano da tempo scomparse dalla regione».
Il progetto è riuscito inoltre a ripristinare quindici specie di piante autoctone e altre diciannove sono in fase di recupero. Tutti questi progressi sono stati messi in risalto durante la recente visita dei partecipanti alla conferenza COP16.
«Dopo tanti giorni di intensa partecipazione alle attività della COP16, questa visita è stata una fonte di gioia e di rigenerazione spirituale e mentale, questa è un’oasi di pace», ha detto un partecipante.
Un altro partecipante ha osservato che «le comunità religiose possono fare molto per la conservazione della biodiversità, a partire dai terreni di loro proprietà che trasformano in rifugi per varie specie sia autoctone che non autoctone.
Guardando al futuro, l’iniziativa mira ad espandere la sua funzione educativa per aumentare il pubblico apprezzamento della biodiversità regionale, ottimizzare la fornitura di semi e piantine alla popolazione locale e contribuire a mitigare gli effetti del cambiamento climatico.