BEIRUT, 16 ottobre 2020 – Nei giorni successivi all’esplosione che ha scosso Beirut in agosto, un gruppo di giovani impegnati nel rafforzamento della comunità bahá’í si è subito riunito per programmare l’assistenza nelle fasi di soccorso e di ripresa. È stata creata una rete di volontari chiamata “Helping Hub” per coordinare l’operato delle persone coinvolte nell’iniziativa, portata poi avanti, in risposta alle necessità del momento, nei mesi seguenti.
Karim Mouzahem, uno dei giovani a capo dell’iniziativa, dice: “Sapevamo di dover aiutare in ogni modo possibile.”
L’esperienza delle attività avviate dai giovani e finalizzate alla valorizzazione spirituale e morale è valsa a promuovere la cooperazione e un senso di impegno condiviso tra piccoli gruppi di persone. Ora erano in grado di convogliare questa capacità verso la creazione di una rete di volontari.”Decidemmo di procedere a piccoli passi, il primo fu quello di aprire un gruppo messaggi e invitare tutti i nostri amici e le persone incontrate durante il lavoro di creazione della comunità a rintracciare coloro che avevano bisogno di aiuto e a individuare le iniziative già in corso.
“Quando abbiamo cominciato, pensavamo: ‘Siamo solo 10 giovani. Come possiamo aiutare?’ Ma era nostro desiderio servire la nostra comunità e il nostro Paese e abbiamo acquistato fiducia quando i dieci partecipanti sono rapidamente cresciuti fino a diventare 80 volontari, di età e background diversi, unitisi a dare il proprio aiuto.”
Tutte le persone coinvolte hanno condiviso uno spirito di servizio che ha conferito l’energia necessaria per lavorare in condizioni difficili. Hanno distribuito trecento pasti al giorno per oltre un mese, organizzato la raccolta di indumenti, aiutato a ripulire le case danneggiate, messe protezioni alle finestre rotte e svolto, nel contempo, altri lavori. Sono stati accorti nell’utilizzo di attrezzature adeguate e nell’adozione di misure di sicurezza a protezione di se stessi e degli altri dal coronavirus.
I giovani promotori dell’iniziativa sapevano per esperienza che, attraverso l’azione sistematica, si sarebbero concentrati efficacemente l’energia e il senso di urgenza avvertiti dai volontari. Ogni mattina, prima di uscire per l’aiuto sul campo, venivano distribuiti i vari compiti ad ogni volontario. La sera, tutte le persone impegnate si ritrovavano in gruppo a discutere sull’esperienza della giornata, stabilendo quali fossero le necessità e preparando un nuovo elenco dei compiti per il giorno dopo.
Hoda Wallace, membro dell’Assemblea Spirituale Nazionale Bahá’í del Libano, afferma: “È stato molto incoraggiante notare come si sia messo in azione questo gruppetto di giovani. Benché giovani, servono da anni le loro comunità e hanno sviluppato le loro capacità attraverso un processo educativo, basato sugli insegnamenti bahá’í, che li aiuta a considerarsi agenti attivi nel far fronte alle necessità della società. Hanno acquisito qualità organizzative, ad esempio la capacità di elaborare statistiche fondamentali, di pianificare in base alle risorse esistenti e di operare in una modalità di apprendimento risultata poi molto naturale nell’organizzazione dell’Helping Hub.”
Chi opera al centro dell’iniziativa ha trovato supporto nell’unirsi alla propria comunità durante gli incontri di preghiera online. La signora Wallace dice: “Durante quei giorni di sgomento e di tristezza, la preghiera, oltre ad essere di sostegno, ha riunito molte persone e ha portato la speranza. Stiamo rilevando l’importanza di uno spirito devozionale, che ci è d’aiuto nel rafforzamento dei legami sociali e nell’approfondimento di quelle radici spirituali che ci hanno reso più resilienti di fronte a questo disastro “.
Molti dei volontari sono stati colpiti personalmente dalla crisi, ma hanno ritrovato la speranza nel servizio verso gli altri. Maha Wakim, una psicologa clinica, racconta: “Il mio ufficio è stato distrutto ed è stato devastante per me. Quando un amico mi ha fatto conoscere l’Helping Hub mi sono unita a loro, invece di lasciarmi andare a un senso d’impotenza. È stato la prima tappa del mio viaggio di guarigione. Mi ha aiutato a rimettermi in piedi e a sentire che stavo facendo qualcosa per aiutare gli altri. Per me, la grande differenza è stata constatare l’unità di tutti quanti.”
Sebbene l’Helping Hub sia nato in risposta alle conseguenze immediate dell’esplosione di Beirut, nelle ultime settimane si è occupato maggiormente dello sviluppo a lungo termine, collaborando sempre più con altri gruppi e organizzazioni per affrontare le sfide in atto. I giovani sono stati in grado di raccogliere informazioni dal campo, queste vengono meticolosamente registrate e utilizzate per portare le diverse esigenze all’attenzione di altre organizzazioni che sono in una posizione migliore per prestare aiuto.
Lara Mansour, che ha lavorato con Helping Hub sin dall’inizio, afferma: “Un aspetto centrale del processo educativo bahá’í è lo sviluppo della capacità di azione a lungo termine attraverso livelli sempre maggiori di unità tra la gente. Stando sul campo abbiamo ravvisato la necessità di organizzazione. Ad esempio, una zona di Beirut è stata inondata di provviste di cibo, acqua e altri aiuti, mentre altre zone hanno ricevuto minore, o addirittura nessuna attenzione. Per questo motivo ora abbiamo avviato un’altra iniziativa che aiuta le organizzazioni a coordinare il lavoro tra loro.”
“Ciò ha consentito a diversi attori sociali di consultarsi per operare in modo unitario. Ora ci sono incontri online con cinquanta persone che discutono di obiettivi che ci vedono tutti uniti. L’aver sviluppato una visione collettiva e un senso di scopo dà a tutti noi una maggiore capacità nel far fronte ai bisogni con il supporto di assistenza esterna “.
Karim riflette su cosa abbia significato questa esperienza per i giovani. “Tutti noi giovani abbiamo riflettuto sul vero scopo della nostra vita. Quelle settimane passate sul campo ad aiutare le persone dalla mattina alla sera sono state molto difficili, ma molto belle perché eravamo insieme e il nostro servizio ci ha ridato speranza. Rientrando nella nostra vita quotidiana, ci rendiamo conto che non siamo soddisfatti del lavoro giorno dopo giorno senza uno scopo. Dobbiamo servire le nostre comunità, perché è da qui che nasce la vera felicità “.