28 ottobre 2024

Disamina della storica Mina Yazdani sul contributo apportato dalla comunità bahá’í dell’Iran, nonostante le persecuzioni, al progresso sociale attraverso l’educazione, la salute e l’agricoltura.

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Nell’ultimo episodio del podcast del Bahá’í World News Service, Mina Yazdani, professoressa di storia presso la Eastern Kentucky University negli Stati Uniti, ha analizzato il profondo contributo della comunità bahá’í dell’Iran alla propria società.

La dottoressa Yazdani ha raccontato alcune testimonianze di questi contributi in diversi settori, come la salute, l’agricoltura e l’educazione.

Ha spiegato come la comunità bahá’í dell’Iran, nonostante le incessanti persecuzioni, sia divenuta simbolo di resilienza costruttiva e, sin dalla sua nascita a metà del XIX secolo, abbia perseverato nel portare avanti iniziative volte a soddisfare le esigenze della propria società.

Tra queste iniziative, ha precisato la dottoressa Yazdani, spicca la pratica della consultazione e del processo decisionale collettivo della comunità bahá’í, riferendosi all’impatto che ebbe sulla società nel periodo della Rivoluzione costituzionale persiana, all’inizio del XX secolo.

«Quel processo, ovviamente, creò un effetto ad ampio raggio sulla comunità, in termini di formulazione del concetto che si ha il diritto di scegliere chi sarà chiamato a servire la comunità in senso lato».

La dottoressa Yazdani ha ricordato la partecipazione diretta di ‘Abdul-Bahá nella promozione delle attività agricole in Iran. Il Suo impegno traeva ispirazione dagli insegnamenti bahá’í, che valorizzano il ruolo del contadino come «primo agente attivo della società umana».

Ha proseguito spiegando che ‘Abdul-Bahá incoraggiò i bahá’í dell’Iran ad avviare la coltivazione del tè, per far sì che il Paese non dipendesse eccessivamente dal tè importato. «Molto esplicitamente, voleva che i bahá’í dell’Iran dessero il massimo per il miglioramento del Paese sotto ogni aspetto».

Vanno ricordate, tra l’altro, le proposte innovative dei bahá’í in materia di salute pubblica e di iniziative igieniche. Si trattava di iniziative che riguardavano non solo i bisogni materiali immediati della gente, ma che introducevano altresì idee nuove per quell’epoca, come l’installazione delle docce nei tradizionali bagni pubblici iraniani.

In precedenza, quei luoghi erano stati fonte di infezioni e di malattie, perché l’acqua non veniva cambiata di frequente. A differenza degli altri bagni pubblici, i bagni realizzati dai bahá’í erano nuovi, puliti e aperti a tutti, indipendentemente dalla confessione religiosa: un’iniziativa a beneficio di tutti i membri della società.

La dottoressa Yazdani ha anche parlato di come l’impegno della comunità bahá’í per il principio dell’uguaglianza tra donne e uomini abbia sfidato le norme sociali prevalenti, fornendo un esempio delle capacità delle donne sia nella sfera privata che in quella pubblica.

«Fin dall’inizio, i bahá’í hanno applicato il principio della parità di diritti tra uomini e donne nella loro vita privata, sociale e amministrativa. I diritti che le donne hanno, per esempio, nel matrimonio, sono tutti basati sull’uguaglianza tra donne e uomini».

La dottoressa Yazdani ha raccontato che le scuole bahá’í sorsero in un piccolo villaggio chiamato Mahfuruzak nel Mazandaran, dove un capo religioso locale, dopo aver abbracciato la Fede bahá’í, aveva fondato scuole per ragazzi e ragazze. Nonostante la ferma opposizione, che portò alla fine alla sua incarcerazione ed esecuzione, questa iniziativa produsse in tutto l’Iran un movimento di trasformazione dell’istruzione.

Le scuole si distinguevano per il loro approccio, che integrava l’educazione morale e scolastica e metteva in risalto il principio dell’uguaglianza tra donne e uomini. La dottoressa Yazdani ha evidenziato vari esempi dell’approccio progressista di quelle scuole: «A quei tempi, la punizione fisica nelle scuole… era molto comune, … ma non nelle scuole bahá’í. Tra l’altro, le scuole miste erano quasi inesistenti. Dove fu consentito, per un certo periodo di tempo, quelle erano scuole miste”.

Ha infine raccontato un esempio particolarmente evocativo degli anni ’30: «Il preside della scuola di Abadeh, che era anche un insegnante, … era solito suonare il setar… all’inizio di ogni giornata e poi gli studenti cantavano insieme. … Se consideriamo il periodo e la situazione, era sorprendente il contrasto tra ciò che i bambini di quella scuola stavano vivendo rispetto alla società in senso lato».