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“Un’ondata straordinaria di sostegno”: unanime appello all’Iran per porre fine alla persecuzione dei bahá’í.

Aumenta l’indignazione, che ha visto uniti leader musulmani, rappresentanti di governo e parlamentari di tutto il mondo, per l'ingiusta confisca delle proprietà dei bahá’í del villaggio agricolo di Ivel, in Iran. Nella foto, in senso orario dall'alto a destra: il ministro degli Esteri canadese Marc Garneau; Annika Ben David del Ministero degli Esteri svedese; Jos Douma, inviato speciale dei Paesi Bassi per religione o credo; Markus Grübel, Commissario tedesco per la libertà globale di religione; Shaykh Ibrahim Mogra del Regno Unito; e il deputato brasiliano Frei Anastácio.

18 febbraio 2021 – Aumenta l’indignazione, che ha visto uniti leader musulmani, rappresentanti di governo e parlamentari di tutto il mondo, per l’ingiusta confisca delle proprietà dei bahá’í del villaggio agricolo di Ivel, in Iran. La sentenza, chiaramente motivata dal pregiudizio religioso, consente alle autorità iraniane di confiscare le proprietà ed è stata recentemente confermata in corte d’appello, lasciando decine di famiglie senza casa e in condizioni economiche disagiate.

Il Congresso islamico americano, il Consiglio degli Imam canadese, la Cattedra della Fondazione Virtù Etiche, uno dei principali studiosi islamici del Regno Unito, Shaykh Ibrahim Mogra, l’All India Tanzeem Falahul Muslemin e l’All India Saifi Association hanno rilasciato dichiarazioni a sostegno dei bahá’í di Ivel, esprimendo grave preoccupazione per la confisca delle proprietà.

“Chiediamo alla Corte Superiore del Mazandaran e a tutto il personale responsabile di attuare iniziative che consentano alla comunità bahá’í di Ivel di rientrare nelle loro proprietà”, si legge nel comunicato del Congresso islamico americano. Facendo eco a questi sentimenti, il Consiglio canadese degli Imam dichiara: “Siamo profondamente preoccupati per la sentenza emessa da un tribunale iraniano per la confisca di proprietà di 27 bahá’í del villaggio agricolo di Ivel”.

Una dichiarazione del Consiglio canadese degli Imam a sostegno dei bahá’í di Ivel.

Dal Regno Unito, Shaykh Ibrahim Mogra ha invitato il capo della giustizia iraniana, Ebrahim Raisi, “a voler prendere in esame questa ingiustizia”, aggiungendo che “l’Islam non consente a un governo di confiscare le terre ai cittadini solo perché di religione diversa”.

Diane Ala’i, rappresentante della Bahá’í International Community (BIC) presso le Nazioni Unite a Ginevra, afferma: “Constatare che i leader musulmani di ogni parte del mondo, uniti in una straordinaria ondata di sostegno, vengono in aiuto dei loro amici bahá’í iraniani, è un segnale forte per la Repubblica islamica della condanna del loro operato da parte di correligionari di tutto il mondo.

“Dichiarazioni di sostegno da parte di leader musulmani a favore dei bahá’í di Ivel, che da più di 150 anni vi convivono con i loro vicini musulmani, dimostrano che fare appello alla legge islamica, da parte del governo iraniano, è un velo sottile che maschera la persecuzione dei bahá’í.”

Un messaggio postato su Twitter dal ministro degli Esteri canadese Marc Garneau.

In un ulteriore segnale di sostegno internazionale ai bahá’í dell’Iran, rappresentanti di governo di tutto il mondo hanno condannato la decisione del tribunale iraniano. Il ministro degli Esteri canadese, Marc Garneau, ha affermato che il suo governo è “preoccupato” dalla sentenza, ed esorta l’Iran a “eliminare tutte le forme di discriminazione basate sulla religione o sul credo”. L’appello è stato ribadito da rappresentanti di Germania, Paesi Bassi, Svezia, Regno Unito, Brasile, Stati Uniti, Parlamento Europeo e Nazioni Unite.

Jos Douma, inviato speciale dei Paesi Bassi per religione o credo: “Bisogna porre fine alle confische di proprietà dei bahá’í nel villaggio di Ivel e riconoscere finalmente i bahá’í come comunità religiosa”.

In Svezia, 12 membri del parlamento e altri rappresentanti eletti hanno rivolto un deciso appello all’Iran per la restituzione delle terre ai bahá’í di Ivel. Il Commissario del governo federale tedesco per la libertà globale di religione, Markus Grübel, ha anche chiesto all’Iran di riconoscere i bahá’í come comunità religiosa nel Paese e di porre fine alla “discriminazione e persecuzione delle comunità bahai”.

Anche il Centro sudafricano per le risorse giuridiche, organizzazione nota per l’operato in materia di diritti umani durante l’apartheid, ha pubblicato una lettera di condanna delle confische di beni.

Una sentenza che consente alle autorità iraniane di confiscare le proprietà appartenenti ai bahá’í del villaggio di Ivel, chiaramente motivata dal pregiudizio religioso, è stata recentemente confermata in corte d’appello, lasciando decine di famiglie senza casa e in condizioni economiche disagiate.

“Il mondo osserva inorridito le palesi ingiustizie del governo iraniano nei confronti della comunità bahá’í”, afferma la signora Ala’i della BIC. “Agli occhi della comunità internazionale, l’innocenza dei bahá’í è più evidente che mai e l’Iran è ritenuto responsabile delle gravi ingiustizie inflitte alla comunità bahá’í iraniana. Il governo deve prendere i provvedimenti necessari, non solo per restituire le terre ai bahá’í di Ivel, ma per porre fine, una volta per tutte, alla persecuzione sistematica dei bahá’í in tutto il Paese.”

La storia della confisca dei terreni e dell’evacuazione di massa dei bahá’í in Iran è dettagliata in una sezione speciale del sito web dell’Ufficio Relazioni Esterne della comunità bahá’í canadese.